SULLE CONSEGUENZE DI CONDOTTE DISCIPLINARMENTE RILEVANTI DAL LICENZIAMENTO ALLA EFFETTIVA REINTEGRA. CASS. N. 13764/2024.

29.05.2024
disclaimer: l'immagine è puramente illustrativa
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A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello

TAGS: LICENZIAMENTO - REINTEGRA - POTERE DISCIPLINARE - CORTE DI APPELLO DI BARI N. 2016/2020 - CASS. N. 13764/2024 - 

INDICE

1) INTRODUZIONE;

2) IL FATTO;

3) LA TESI DIFENSIVA;

4) LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DI BARI;

5) LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE.-

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INTRODUZIONE

Della curiosa questione ci eravamo già occupati commentando la sentenza del grado di Appello, ora si è espressa la Suprema Corte : quale sorte per il lavoratore, licenziato in maniera ingiustificata, che prima della effettiva reintegra, commetta un altro illecito disciplinare?

[2]

IL FATTO

Un lavoratore, dopo aver impugnato "vittoriosamente" un licenziamento disciplinare, nelle more della effettiva reintegra, aveva pubblicato sulla sua pagina personale Facebook - aperta al pubblico e senza alcuna restrizione sulla privacy – una serie di foto: nella prima, era ritratta una torta con l'immagine di una mano infuocata ripresa "nel gesto del dito medio", riportante il nome dell'azienda datrice di lavoro; nella seconda foto – scattata in un altro contesto – era impresso il titolo "i festeggiamenti continuano", con una torta recante questa volta la scritta "Crepate[1] …."; nella fotografia successiva - in realtà trattavasi due scatti in uno – il lavoratore sorrideva verso l'obiettivo e solleva i pollici in segno di vittoria per poi far seguire il gesto dell'ombrello.-

A seguito di nuovo procedimento disciplinare, il lavoratore veniva licenziato per aver denigrato pubblicamente l'azienda datrice di lavoro, immediatamente dopo la pronuncia di reintegrazione nel posto di lavoro, all'esito dell'impugnazione di un "primo" licenziamento.-

[3]

LA TESI DIFENSIVA

Impugnando il "secondo" licenziamento, il lavoratore osservava che il potere disciplinare datoriale si ripristinasse solo a seguito della "effettiva" ripresa dell'attività lavorativa del dipendente ingiustamente licenziato, per cui durante questo periodo, il lavoratore non era assoggettabile al potere disciplinare, in quanto concretamente il rapporto non era stato ancora ripristinato".-

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LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DI BARI

Tale tesi difensiva non persuadeva i giudice di merito, in particolare la Corte di Appello barese, per la quale "accertata in sede giudiziaria l'illegittimità del recesso, ove trovi applicazione (come nella specie) la tutela reale, il dipendente ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro e la sentenza che dispone la reintegrazione del lavoratore ha efficacia ripristinatoria del rapporto di lavoro, nel senso che questo deve intendersi ricostituito ad ogni fine giuridico ed economico sulla base della sola pronuncia del giudice, senza la necessità di un atto di riassunzione da parte del datore di lavoro".-

Questo perché l'accertamento giudiziale dell'illegittimità del licenziamento ed il conseguente ordine di reintegrazione ai sensi dell'art. 18 legge n. 300 del 1970 comportano la ricostituzione "de iure" del rapporto di lavoro il quale va considerato, quindi, come mai interrotto.-

Il tutto, senza dimenticare che "anche i comportamenti posti in essere dal lavoratore dopo la cessazione del rapporto per licenziamento e prima della sua ricostituzione "jussu judicis" possono assumere rilevanza disciplinare; in relazione ad essi occorre distinguere tra obblighi scaturenti dal sinallagma contrattuale e doveri extracontrattuali, derivanti dall'art. 2043 cod.civ. o da norme penali. Su questi ultimi in nessun caso può influire la cessazione del rapporto, perché essi non trovano la loro fonte nel sinallagma contrattuale, e quindi la violazione di tali doveri rileva sempre, anche se posta in essere dopo la cessazione del rapporto, mentre gli obblighi scaturenti dal contratto rimangono a carico del lavoratore per un suo obbligo di coerenza con la volontà di proseguire il rapporto, espressa con l'impugnazione del licenziamento.- (ex plurimis Cass. n. 25654/2017).-

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LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Per la Suprema Corte – che ha confermato la sentenza di appello – "per effetto dell'ordine di reintegrazione nel rapporto di lavoro, che ne riattiva le obbligazioni, rimaste quiescenti a seguito del licenziamento illegittimo, il rapporto di lavoro viene ripristinato fin dal momento della lettura del dispositivo in udienza, (quindi anche prima del deposito della motivazione), in quanto non è subordinato, diversamente da quanto accade nel caso di conversione a tempo indeterminato di un contratto a tempo determinato per nullità del termine, alla messa in mora del datore di lavoro mediante l'offerta della prestazione lavorativa da parte del lavoratore, atteso che quest'ultimo mette a disposizione le proprie energie lavorative già con l'impugnativa in via stragiudiziale del recesso illegittimo, a fronte del rifiuto datoriale di riceverne la prestazione, manifestato con l'intimazione del licenziamento.-

NOTE

[1] Con un gioco di parole con il nome dell'azienda datrice di lavoro.-

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