STUDENTESSA BULLIZZATA, SCUOLA CONDANNATA. CDA AQUILA N. 985/2024

02.09.2024

A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO

TAGS: BULLISMO - OBBLIGO PROTEZIONE SCUOLA - BULLISMO INSORGENZA MALATTIA PSICHIATRICA - SCUOLA CONDANNATA 

INDICE

1) IL FATTO;

2) LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PESCARA;

3) LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DELL'AQUILA;

4) CONCLUSIONI.-

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[1]

IL FATTO

"Sei una ragazza sporca, come tua madre, fai cose sporche, sei una p… Sei brutta, grassa, guardati", sono solo alcune delle frasi che una ragazzina frequentante la terza media si era sentita rivolgere, ripetutamente, per tutto l'anno scolastico, da un compagno di scuola, che l'aveva derisa all'interno della classe, appellandola, anche dinanzi ai loro compagni, con termini dispregiativi, volgari, a sfondo sessuale ed offensivi.-

Nei confronti del "bullo", l'Istituto scolastico aveva assunto come unica iniziativa la sospensione per giorni sette, ma, ritenendo detta misura non adeguata, la ragazza decideva di trasferirsi in un'altra scuola, perdendo l'anno scolastico, accusando disturbi che, oltre a comportare la perdita di 20 kg di peso, le avevano provocato stati di ansia e frustrazione, fino a sfociare in una patologia psico-fisica, diagnosticata come "disturbo post traumatico da stress reattivo a situazioni di violenza subita".-

Per tali motivi i genitori della ragazza – che ora ha 23 anni, sta meglio e lavora – rappresentati e difesi dall'Avv. Giacomo Cecchinelli, avevano deciso di citare in giudizio, avanti il Tribunale di Pescara, l'Istituto scolastico al fine di sentirlo condannare, ai sensi degli artt. 1218 e 2048 c.c., al risarcimento dei danni patrimoniali e non da essi subiti in conseguenza degli atti di bullismo perpetrati in danno della minore durante l'orario scolastico.-

[2]

LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PESCARA

Il Tribunale di Pescara – dopo aver qualificato la responsabilità come contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 cc – accoglieva la domanda, ritenendo provato – in particolar modo dalle prove testimoniali, tutte attendibili - che la minore era stata oggetto, pressoché quotidianamente e ripetutamente, di offese da parte del compagno, davanti a tutta la classe; riteneva, altresì, accertato, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal coordinatore didattico, che solo a seguito della denuncia da parte della minore, la scuola era intervenuta adottando il provvedimento di sospensione dell'alunno e che, quindi, non aveva posto in essere tutte le cautele atte a tutelare l'incolumità della ragazzina che, se adottate, avrebbero adeguatamente arginato la condotta del bullo, né aveva dimostrato di essersi attivata al fine di impedire il protrarsi dei comportamenti vessatori perpetrati ai danni della minore dinanzi a tutta la classe, ravvisandone così la responsabilità.-

[3]

LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO DELL'AQUILA.-

Anche la Corte di Appello dell'Aquila – pur mutuando il profilo di responsabilità[1] da quella prevista dall'art. 1218 cc a quella disciplinata dall'art. 2048 c.c.[2] – ha confermato i principi espressi nella sentenza di primo grado.-

In particolare, risultava evidente che durante l'orario scolastico (dunque, nel tempo in cui i minori erano sottoposti alla vigilanza da parte della scuola) la minore era stata fatta bersaglio quotidiano ("praticamente ogni giorno") e pubblico ("davanti a tutta la classe") di offese umilianti, per lo più verbali, da parte del bullo, che non meritano di essere ridimensionate a meri sfottò (soprattutto da parte di chi, per il ruolo istituzionale che riveste, ha il dovere di non sminuire, ma di prestare particolare attenzione a determinati atteggiamenti, prevenendoli ed ostracizzandoli, viepiù se coinvolgono minori in età adolescenziale e dunque più esposti a fragilità emotive) ma costituiscono, per la loro ripetitività ed intenzionalità, veri e propri atti di bullismo; dall'altro lato, vi è la prova che i professori (e dunque la scuola) erano perfettamente consapevoli del comportamento del bullo ma, nonostante ciò, non avevano reputato opportuno adottare alcuna preventiva ed incisiva misura disciplinare (al di là delle ripetute note, comminate per motivi differenti ma che comunque, evidentemente, non stavano sortendo alcun risultato) idonea ad evitare l'insorgenza di una situazione di pericolo o a salvaguardare l'incolumità della ragazza, decidendo di intervenire soltanto quanto la stessa trovava la forza di informare il Preside.-

In pratica: L'istituto aveva l'obbligo di tutelare la minore, adempiendo al dovere di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo, e non intervenendo in un momento successivo, seguito alla denuncia di quest'ultima, allorché la violenza verbale si era ormai inesorabilmente perpetrata e cristallizzata.-

[4]

CONCLUSIONI

La sentenza, clamoroso precedente, oltre ad essere "socialmente giusta e condivisibile", evidenzia l'esistenza, su basi scientifiche, di una relazione tra le condotte bullizzanti subite e l'insorgenza di problemi psichiatrici; infatti, tanto si legge nel provvedimento in commento:"pur considerando valida l'ipotesi di una genesi multifattoriale, dunque procedendo a un'attenta analisi, anche anamnestica, di eventuali aspetti che possono aver concorso alla costituzione del danno permanente, si rileva che il trauma subito, di elevata portata, anche per l'età della periziata al tempo, costituisca la causa scatenante della patologia sofferta", cioè un collegamento fra il bullismo subito".-

NOTE

[1] In ogni caso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dall'art. 2048 c.c., sia che si configuri una responsabilità di tipo contrattuale (come ritenuto dal primo giudice), il riparto dell'onere probatorio non cambia, poiché in entrambi i casi è necessario: a) che l'attore-danneggiato dimostri che il fatto si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto (e, in caso di danni etero-cagionati, che il danno lamentato sia conseguenza del fatto illecito di un altro allievo); b) che la scuola dimostri di aver adempiuto all'obbligo di controllo e di vigilanza e di aver predisposto tutte le misure per evitare il verificarsi dell'evento e che dunque il danno sia stato determinato da causa ad essa non imputabile.-

[2] Per il quale gli insegnanti rispondono dei danni cagionati dall'atto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, se non provano ex art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto, dimostrando di avere esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta e che nonostante l'adempimento di tale dovere il fatto dannoso per la sua repentinità e imprevedibilità abbia impedito loro un tempestivo efficace intervento.-

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