SPANDIMENTO DI POLVERI DA INDUSTRIE AUTORIZZATE, SI AL RISARCIMENTO DEL DANNO. CASS. 6351/2025

19.03.2025
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A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO

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INDICE

1 ) INTRODUZIONE;

2) IL CASO ESAMINATO DALLA CASSAZIONE;

3) SULLA RESPONSABILITÀ DA INQUINAMENTO;

4) LA PROVA DELLA RESPONSABILITÀ DELL'AZIENDA;

5) SULLA IRRILEVANZA FATTUALE CHE L'AZIENDA FOSSE AUTORIZZATA;

6) NORMALE TOLLERABILITÀ E STRETTA TOLLERABILITÀ;

7) IL PRINCIPIO DEL "PIÙ PROBABILE CHE NON";

8) IL DANNO RISARCIBILE;

9) CONSIDERAZIONI FINALI E IMPLICAZIONI FUTURE;

10) LA PROSPETTIVA EUROPEA E COMPARATA.-

*****

1. INTRODUZIONE

Il fenomeno dello spandimento delle polveri rappresenta una problematica ambientale e giuridica di grande rilevanza, soprattutto quando si traduce in danni alla salute e alla proprietà privata. La sentenza n. 6351/2025 della Cassazione ha fornito un'importante interpretazione giurisprudenziale sul nesso causale tra l'inquinamento da polveri e la responsabilità civile (ci siamo già occupati di un caso simile clicca qui ).-

2. IL CASO ESAMINATO DALLA CASSAZIONE

Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, un gruppo di cittadini di Taranto aveva promosso un'azione risarcitoria nei confronti della più grande acciaieria d'Europa, l'industria "insalubre" per eccellenza, ritenuta responsabile dell'emissione incontrollata di polveri sottili: Gli attori lamentavano danni materiali alle loro abitazioni, dovuti ai depositi di particolato, nonché danni alla salute derivanti dall'inalazione di tali sostanze.-

Il giudizio di merito aveva riconosciuto la sussistenza di un nesso causale tra l'attività industriale e i danni lamentati, basandosi su perizie tecniche e studi epidemiologici.- L'impresa, tuttavia, aveva impugnato la decisione, contestando sia la prova del danno sia la propria responsabilità; La difesa dell'impresa si era basata su diversi punti chiave, tra cui:

  • La presunta insufficienza delle prove tecniche a dimostrare il nesso diretto tra le emissioni e i danni rilevati;
  • L'affermazione che le emissioni rientravano nei limiti previsti dalle normative ambientali;
  • Il richiamo al principio della normale tollerabilità delle immissioni industriali, secondo l'art. 844 c.c.;
  • La difficoltà di stabilire una correlazione diretta tra le emissioni e i danni sanitari subiti, data la possibile interferenza di altri fattori ambientali.-

3. SULLA RESPONSABILITÀ DA INQUINAMENTO

La Cassazione ha confermato la responsabilità dell'impresa, richiamando l'articolo 2043 c.c. in materia di responsabilità aquiliana e l'articolo 844 c.c., che disciplina le immissioni. In particolare, la Corte ha ribadito che:

  • Il criterio del danno ingiusto impone di valutare se lo spandimento delle polveri industriali ecceda la stretta tollerabilità;
  • Il principio del "più probabile che non" nella prova del nesso causale impone che l'attività produttiva sia ritenuta la causa principale del danno, anche in assenza di una certezza assoluta;
  • Il rispetto dei limiti normativi sulle emissioni non esclude automaticamente la responsabilità civile per danno ingiusto;
  • La tutela della salute pubblica prevale rispetto agli interessi economici dell'impresa in presenza di prove scientifiche che attestino la dannosità delle emissioni;
  • Il criterio della responsabilità oggettiva può trovare applicazione nei casi in cui l'attività inquinante comporti un rischio intrinseco per la collettività.-

4. LA PROVA DELLA RESPONSABILITÀ DELL'AZIENDA

Uno degli aspetti centrali della sentenza è stato l'accertamento della responsabilità dell'azienda per lo spandimento delle polveri. La dimostrazione della colpa dell'impresa si è basata su diversi elementi probatori, tra cui:

  • Relazioni tecniche e studi epidemiologici: le perizie ambientali avevano dimostrato che le emissioni di polveri superavano i livelli normalmente presenti nell'area, con una correlazione diretta tra l'attività dell'azienda e l'aumento delle concentrazioni di particolato;
  • Analisi comparative: il confronto tra zone esposte e zone non esposte all'inquinamento aveva evidenziato una maggiore incidenza di danni materiali e patologie respiratorie nelle aree prossime all'impianto;
  • Testimonianze e dati storici: sono state raccolte dichiarazioni di residenti e dati sulle emissioni, che hanno confermato il peggioramento progressivo delle condizioni ambientali in concomitanza con l'intensificazione delle attività produttive;
  • Presunzioni semplici: il Giudice ha applicato il principio del "più probabile che non" (vedi infra), concludendo che l'azienda fosse la principale responsabile dell'inquinamento.-

5. SULLA IRRILEVANZA FATTUALE CHE L'AZIENDA FOSSE AUTORIZZATA

L'impresa aveva sollevato la questione della propria autorizzazione (AIA) rilasciata in conformità alla normativa ambientale vigente. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il possesso di un'autorizzazione amministrativa non esime l'azienda dalla responsabilità civile per i danni arrecati a terzi; in particolare:

  • L'autorizzazione ha valore solo in ambito pubblicistico e non incide sulla valutazione della responsabilità civile;
  • La legittimità dell'attività non esclude che essa possa generare un danno ingiusto e quindi essere fonte di obbligazione risarcitoria;
  • L'azienda avrebbe dovuto adottare misure adeguate per contenere le emissioni e ridurre i danni, indipendentemente dall'esistenza di permessi amministrativi.-

6. NORMALE TOLLERABILITÀ E STRETTA TOLLERABILITÀ

La Cassazione ha confermato un'importante distinzione tra il concetto di normale tollerabilità e stretta tollerabilità delle immissioni, ai sensi dell'art. 844 c.c.

  • Normale tollerabilità: è la soglia oltre la quale le immissioni non possono essere considerate accettabili nel contesto in cui avvengono. Si tiene conto della destinazione d'uso della zona, delle caratteristiche dell'attività e delle esigenze produttive.
  • Stretta tollerabilità: si applica quando l'attività incide su beni primari come la salute e la qualità della vita. In questi casi, la tollerabilità viene valutata con criteri più restrittivi, privilegiando la tutela dei diritti fondamentali.

Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto che l'inquinamento da polveri sottili compromettesse il diritto alla salute, imponendo quindi un criterio di stretta tollerabilità e accertando il superamento dei limiti accettabili.-

7. IL PRINCIPIO DEL "PIÙ PROBABILE CHE NON"

La responsabilità civile per danno ambientale si basa su un criterio probatorio che non richiede la certezza assoluta del nesso causale, ma la sua elevata probabilità. Il principio del "più probabile che non" prevede che:

  • Il giudice possa ritenere accertata la responsabilità se il danno subito dalla parte lesa risulta, con maggiore probabilità, causato dall'operato dell'azienda rispetto ad altre possibili cause;
  • Non sia necessario dimostrare una relazione causale esclusiva, ma solo preponderante, tra l'attività inquinante e le conseguenze dannose.
  • Gli elementi probatori forniti dalle parti vengano valutati in base alla loro coerenza e attendibilità, con particolare attenzione agli studi scientifici e ai dati ambientali.-

In questo modo, la Cassazione ha confermato l'orientamento giurisprudenziale volto a garantire una maggiore tutela alle vittime dell'inquinamento, senza imporre un onere probatorio eccessivamente gravoso.-

8. IL DANNO RISARCIBILE

Un aspetto di rilievo della sentenza riguarda la quantificazione del danno. La Cassazione ha riconosciuto la risarcibilità sia del danno patrimoniale (dovuto alla necessità di interventi di pulizia straordinaria degli edifici e alla svalutazione degli immobili) sia del danno non patrimoniale (collegato ai disagi subiti dagli abitanti e al deterioramento della qualità della vita).

Il risarcimento è stato quindi articolato su più livelli:

  • Danno emergente: spese sostenute per la rimozione delle polveri; 
  • Danno da svalutazione immobiliare: perdita di valore delle proprietà esposte alle emissioni;
  • Danno biologico e morale: ripercussioni sulla salute e sul benessere psicologico;
  • Danno esistenziale: peggioramento delle condizioni di vita e delle relazioni sociali causato dall'inquinamento;
  • Danno ambientale: riduzione della qualità dell'aria e del paesaggio circostante, con effetti negativi sulla vivibilità dell'area.-

9. CONCLUSIONI

La Corte di Cassazione ha stabilito che l'industria responsabile dello spandimento di polveri sottili nell'ambiente è tenuta a risarcire i danni subiti dai cittadini, indipendentemente dal possesso di autorizzazioni amministrative (AIA). La decisione si fonda su una rigorosa analisi del nesso causale tra le emissioni industriali e i danni riscontrati, applicando il principio del "più probabile che non" per accertare la responsabilità dell'azienda.

La Cassazione ha chiarito che il rispetto dei limiti normativi sulle emissioni non esclude automaticamente la responsabilità civile, poiché il criterio della "stretta tollerabilità" prevale in presenza di danni alla salute e alla qualità della vita. In particolare, la Corte ha evidenziato che l'attività industriale in questione ha generato un danno ingiusto, dimostrato attraverso perizie tecniche, studi epidemiologici e analisi comparative tra le aree esposte e non esposte all'inquinamento.

Per quanto riguarda il danno risarcibile, la Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento per diverse tipologie di pregiudizio: danno emergente (costi di pulizia e ripristino), danno da svalutazione immobiliare, danno biologico e morale, danno esistenziale e danno ambientale.

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    Hai fretta? Andiamo dritti al sodo:

    🏭😷 Responsabilità per inquinamento – La Cassazione ha confermato che un'industria può essere ritenuta civilmente responsabile per il danno ambientale causato dallo spandimento di polveri, indipendentemente dalle autorizzazioni amministrative.

    🏭😷 Prova del danno e del nesso causale – La responsabilità dell'azienda è stata accertata attraverso perizie tecniche, studi epidemiologici e il principio del "più probabile che non", senza richiedere una certezza assoluta.

    🏭😷 Irrilevanza dell'autorizzazione – Il possesso di un'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) non esclude la responsabilità civile se l'attività causa danni alla salute o alla proprietà privata.

    🏭😷 Risarcimento del danno – La Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento per danni patrimoniali (svalutazione immobiliare, pulizia straordinaria) e non patrimoniali (danno biologico, morale, esistenziale e ambientale).

    🏭😷 Implicazioni giuridiche e future tutele – La sentenza rafforza il principio di precauzione e tutela delle vittime dell'inquinamento, incentivando controlli più rigidi e possibili azioni collettive.


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