RISPONDE DEL REATO DI RAPINA CHI SOTTRAE CON VIOLENZA LO SMARTPHONE DELLA PROPRIA COMPAGNA, AL FINE DI LEGGERNE I MESSAGGI, CONOSCENDONE IL PIN. SENTENZA n. 4557/2021 DELLA CASSAZIONE

10.01.2022

A cura dell'Avv.Laura Buzzerio

INDICE

· IL FATTO;

· LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE;

· CONCLUSIONI.-

IL FATTO

Un soggetto ricorreva in Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna - confermativa di quella di primo grado - che lo aveva condannato per una ipotesi di rapina, avendo sottratto con violenza lo smartphone delle ex moglie, nonché di lesioni, provocatele nell'atto di apprensione dello stesso.-

[2]

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, respingendo il ricorso, tanto statuiva[1]: "la Corte di appello ha correttamente enunciato il principio secondo cui nel delitto di rapina, l'ingiusto profitto non deve necessariamente concretarsi in un'utilità materiale, potendo consistere anche in un vantaggio di natura morale o sentimentale che l'agente si riproponga di conseguire, sia pure in via mediata, dalla condotta di sottrazione ed impossessamento, con violenza o minaccia, della cosa mobile altrui", ritenendo come elemento specializzante del reato la conoscenza del codice di accesso al telefono cellulare, a nulla valendo la sussistenza di un legame sentimentale fra le parti.-

[3]

CONCLUSIONI

Sul punto, l'orientamento della Cassazione è, ormai uniforme; all'uopo si richiama la recente sentenza n. 8821/2021, oggetto di altro lavoro[2], nella quale veniva stabilito che "l'impossessamento del telefono contro la volontà della donna integra una condotta antigiuridica, in quanto l'ingiusto profitto consiste nell'indebita intrusione nella sfera di riservatezza della vittima, con la conseguente violazione del diritto di autodeterminazione (anche nella sfera sessuale), che non ammette intrusione da parte di terzi e nemmeno del coniuge. E' stato infatti precisato che nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale, nonchè in qualsiasi soddisfazione o godimento che l'agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purchè questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene.- Naturalmente, anche se la Cassazione, nel caso di specie, si era occupata della fattispecie in cui la vittima era una donna, per analogia, il principio è applicabile anche nel caso inverso, nonché fra persone dello stesso sesso, con cui il soggetto passivo abbia una relazione affettiva.-


[1] Richiamando la sentenza n.23177/2019, fattispecie in cui la Suprema Corte aveva ritenuto sussistente il dolo specifico del reato di rapina il fine perseguito dall'imputato di indurre la ex fidanzata, mediante la sottrazione violenta della borsa, a riprendere la cessata relazione di convivenza

[2] https://www.ilperiscopiodeldiritto.it/l/impossessarsi-con-violenza-dello-smartphone-della-propria-coniuge-configura-una-ipotesi-di-rapina-commento-alla-sentenza-n-8821-2021-della-cassazione/ 

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