PER LA CASSAZIONE, L’INTERMEDIARIO, CHE PROCURA AL RISTORATORE I DATTERI DI MARE, RISPONDE DEL REATO DI RICETTAZIONE . COMMENTO ALLA SENTENZA N. 41599/2021
A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello
TAGS: RICETTAZIONE - VENDITA DATTERI DI MARE - SUSSISTE
INDICE
1 ) IL FATTO;
2) LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE;
3) I PRECEDENTI;
4) I DATTERI DI MARE.-
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IL FATTO
Un soggetto - attinto dal provvedimento degli arresti domiciliari - ricorreva in Cassazione, avverso l'ordinanza ammissiva di tale misura, emessa dal Tribunale di Napoli, in quanto, gravemente, indiziato del reato di ricettazione, "per aver agito quale mediatore nel far ricevere, acquistare od occultare notevoli quantitativi di molluschi comunemente denominati "datteri di mare", provenienti da delitto, perchè procurati mediante i reati di inquinamento ambientale ex art. 452 bis c.p., disastro ambientale ex art. 452 quater c.p., e danneggiamento ex art. 635 c.p., comma 2, n. 1".-
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LA DECISIONE DELLA SUPREMA CORTE
Prima di procedere oltre, è bene evidenziare come per configurarsi una ipotesi di ricettazione è necessario che vi sia la commissione di un altro reato (cd. delitto presupposto); secondo l'opinione dominante può trattarsi di delitto doloso o colposo, anche non rientrante necessariamente tra i reati contro il patrimonio, consumato o tentato, ma non di contravvenzione, né di illecito amministrativo o civile.-
Come detto, nel caso di specie, nell'ordinanza impugnata si contestava la provenienza, di tali molluschi, dalla consumazione di varie ipotesi di reato.-
Sul punto, per convalidare la bontà dell'ordinanza, la Suprema Corte evidenziava che
- che i mitili in questione possono essere prelevati solo previa distruzione delle rocce in cui gli stessi si annidano, in quanto il c.d. "dattero di mare" "non vive sulle rocce ma al loro interno", e precisamente nei cunicoli e nelle gallerie scavati nelle rocce calcaree mediante secrezioni acide prodotte da alcune sue ghiandole; di conseguenza, per prelevare detti molluschi dal loro habitat "bisogna frantumare la roccia in cui vivono, distruggendo con essa tutta la comunità biologica che la ricopre o che vive al suo interno".
- in relazione ai datteri di mare vi è un divieto assoluto di pesca, stabilito sia da fonti internazionali, sia da leggi italiane;
- la configurabilità del delitto di danneggiamento, nel caso di frantumazione degli scogli esistenti su di un fondale marino allo scopo di impossessarsi di esemplari di specie ittiche, non è stata oggetto di depenalizzazione.-
Per la Cassazione, dunque, ravvisabile come reato presupposto quello di danneggiamento delle rocce marine, nel caso di specie, è sussistente una ipotesi di ricettazione a carico dell'intermediario che, si inserisce fra pescatore e ristoratore, procurando a quest'ultimo i molluschi proibiti "al fine di soddisfare una pluralità di clienti", come si legge nell'ordinanza impugnata.-
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I PRECEDENTI
La sentenza in commento, per quanto particolare, ribadisce principi che la Suprema Corte aveva già evidenziato (a solo titolo esemplificativo fra le numerose) con le sentenze n. 50692/2014 e 5390/2011, nelle quali aveva stabilito la sussistenza del reato di ricettazione, qualificando come reato base/presupposto quello di danneggiamento dei fondali marini.-
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I DATTERI DI MARE
Come detto, la pesca dei datteri è vietata sia da normi europee, che italiane.-
La motivazione? Presto detto: per pescare questi molluschi è necessario distruggere letteralmente il loro habitat naturale, le rocce, con il ricorso anche a martelli pneumatici, picconi e/o addirittura esplosivo.-
Se a questo aggiungiamo che la loro crescita è lentissima e per raggiungere pochissimi centimetri, anche meno di dieci, possono volerci più di trent'anni, risulta evidente che il divieto, pur privando il consumatore di un cibo squisito, è doveroso per evitare la loro estinzione.-
Da tempo si parla di "allevamenti di datteri in blocchi di cemento", che potrebbe essere una soluzione, a garanzia della conservazione dell'ambiente marino, ma, ad oggi, niente di realmente concreto.-
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