NESSUNA DIFFAMAZIONE PER IL SINDACO “BUGIARDO”.- BREVE NOTA ALLA SENTENZA N. 317/2018 DELLA CASS. SEZ. PENALE
A cura dell'avv. Laura Buzzerio
TAGS: SINDACO - DIFFAMAZIONE - PROMESSE ELETTORALI
INDICE
· Introduzione;
· La decisione della Cassazione;
· Conclusioni.-
INTRODUZIONE
In una ridente cittadina siciliana, alcuni componenti dell'opposizione consiliare avevano affisso dei manifesti pubblici, nei quali venivano rivolte, al Sindaco, espressioni quali "Falso, Bugiardo, Ipocrita, Malvagio", in quanto, secondo gli stessi, stava tradendo le promesse fatte durante la campagna elettorale.-
Rinviati a giudizio, in primo grado il Tribunale aveva escluso la configurabilità dell'esimente del diritto di critica politica, viste le connotazioni personali delle offese contenute nei manifesti.-
Di segno contrario la decisione della Corte d'Appello, che aveva ravvisato esistente la scriminante ritenendo che le frasi fossero offensive, ma che la lettura integrale del manifesto consentisse di ricondurle alle critiche di carattere politico, rispetto alle quali paiono pertinenti, sebbene espressione di un costume politico deteriore ma ampiamente diffuso. -
Il Sindaco offeso ricorreva in Cassazione.-
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LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Per la Cassazione gli epiteti "falso, bugiardo, ipocrita" si ricollegano al mancato adempimento delle promesse elettorali, nonché all'avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell'indennità di funzione e, quanto all'aggettivo "malvagio", lo stesso era riferibile alle azioni giudiziarie, asseritamente infondate, che egli aveva promosso contro gli avversari politici.-
Di conseguenza le offese riguardavano specificamente le scelte politiche ed amministrative del primo cittadino e della sua maggioranza e, non raffiguravano, in nessun modo, un attacco alla dignità morale ed intellettuale della persona offesa, cioè del Sindaco.-
Di conseguenza, assolvendo gli imputati, la Cassazione aveva enunciato la seguente massima:
"In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di critica attiene ad un giudizio valutativo che trae spunto da un fatto ed esclude la punibilità di affermazioni lesive dell'altrui reputazione purché le modalità espressive siano proporzionate e funzionali all'opinione o alla protesta espresse, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi. Si deve, altresì, considerare, nella valutazione del requisito della continenza, il complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione. In quest'ambito, il rispetto della verità del fatto assume un rilievo più limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, ed ancor più quella politica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. Va, invece, esclusa l'applicabilità dell'esimente qualora le espressioni denigratorie siano generiche e non collegabili a specifici episodi, risolvendosi in frasi gratuitamente espressive di sentimenti ostili.
Tale principio è stato poi confermato, in altre pronunce della Cassazione, tra cui:
- "In tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che trova fondamento nell'interesse all'informazione dell'opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministratori, è necessario che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui" (Cass. pen. Sez. V Sent., 14/09/2020, n. 31263, rv. 279909-01);
- "Ai fini del riconoscimento dell'esimente del diritto di critica, e specificamente di critica politica, non può prescindersi dal requisito della verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica" (Cass. pen. Sez. V Sent., 27/11/2018, n. 7798, rv. 276026-01).-
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CONCLUSIONI
Una lettura superficiale della sentenza potrebbe portare il lettore meno attento a pensare di poter "offendere" il politico menzognero di turno: ma non è affatto cosi!
Infatti, se da un lato la Cassazione, nel caso in commento, aveva assolto gli imputati, tanto è stato motivato dalla circostanza che, alla base, vi era un fatto vero, cioè il mancato rispetto delle promesse elettorali e, dall'altro, che le critiche, seppure forti, erano rivolte al politico, e alla sua condotta, non già all'uomo, tenuto indenne da ogni tipo di offesa.-
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