NESSUNA DIFFAMAZIONE A MEZZO MESSENGER SE IL MITTENTE IGNORA CHE AL PROFILO DESTINATARIO HANNO ACCESSO DIVERSI SOGGETTI. CASS. N. 36217/2024

07.01.2025
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A CURA DELL'AVV.LAURA BUZZERIO

TAGS: REATO DI DIFFAMAZIONE - DIFFAMAZIONE AGGRAVATA - ART 595 CP - CASSAZIONE SENTENZA N 36217 2024 - MESSAGGI PRIVATI -  - MESSENGER -  SOCIAL NETWORK E DIRITTO 

INDICE

1)INTRODUZIONE;

2) LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE;

3) CONCLUSIONI.-

*****

[1] INTRODUZIONE

Con l'avvento delle tecnologie digitali, la definizione e la configurazione del reato di diffamazione aggravata, ex art. 595 cp, hanno subito un'evoluzione significativa.-

Le piattaforme social e altri applicativi di messaggistica hanno creato nuovi spazi di interazione che, seppur percepiti come privati da chi li utilizza, possono facilmente assumere una dimensione pubblica.-

Questa ambiguità è al centro della sentenza n. 36217/2024 della Corte di Cassazione, che ha affrontato il caso di un messaggio diffamatorio inviato tramite Messenger da un soggetto nella convinzione che l'account del destinatario non fosse utilizzato da più persone.-

[2] LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Il reato di diffamazione, disciplinato dall'art. 595 cp, richiede che l'offesa alla reputazione avvenga comunicando con più persone. La peculiarità del caso risiede nell'utilizzo di Messenger, un'applicazione generalmente considerata un canale privato.-

Secondo la Suprema Corte: 

"non costituisce reato di diffamazione aggravata l'invio di messaggi offensivi tramite Messenger qualora il mittente ritenga di interloquire esclusivamente con un unico destinatario"-.

Nel caso esaminato, l'imputata aveva trasmesso una lettera dal contenuto diffamatorio a un destinatario specifico, ignorando che il messaggio fosse accessibile anche ad altri membri di un'associazione, di cui faceva parte la vittima in qualità di Presidente.-

La Cassazione ha escluso la configurabilità del dolo richiesto per il reato di diffamazione, evidenziando l'assenza – o, perlomeno, la mancata dimostrazione – della consapevolezza di una comunicazione "con più persone", elemento essenziale previsto dalla norma incriminatrice.-

[3] CONCLUSIONI

Il principio cardine stabilito dalla Corte è che l'utilizzo di un canale percepito come privato, come Messenger, esclude il dolo richiesto dal reato di diffamazione se non viene provata la previsione, o l'accettazione, che il messaggio venga percepito da più persone.-

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