INQUINAMENTO E RIFIUTI. ITALIA CONDANNATA DALLA CEDU
A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO
TAGS: INQUINAMENTO - AMBIENTE - RIFIUTI - CEDU - TERRA DEI FUOCHI - LO UTTARO - LOCASCIA - DI SARNO - CONVENZIONE DI AARHAUS -
INDICE
1) INTRODUZIONE;
2) IL FATTO;
3) LA SENTENZA DELLA CEDU;
4) IL PRECEDENTE;
5) CONCLUSIONI.-
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INTRODUZIONE
La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia perché "l'inquinamento proveniente dalla crisi dei rifiuti in Campania" ha violato i diritti umani.-
La questione (domanda n. 35648/10 Locascia e Altri c. Italia) sottoposta alla Cedu riguardava la crisi legata alla raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania – nella tristemente nota "terra dei fuochi", nonché l'inquinamento proveniente da un sito di discarica.-
Nella sentenza in esame[1], la Cedu ha ritenuto che
"vi sia stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione per quanto riguarda la mancata adozione da parte delle Autorità italiane delle misure necessarie per tutelare il diritto alla vita privata dei ricorrenti in relazione all'inquinamento ambientale".-
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IL FATTO
Nel 1994, nella regione Campania, era stato dichiarato lo stato di emergenza per affrontare seri problemi legati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani: tale crisi, è durata almeno per i successivi 15 anni (e, al momento, non è del tutto risolta).-
Durante questo lungo periodo, a causa delle grandi quantità di rifiuti – non raccolti – che si erano accumulati lungo le strade pubbliche, le Amministrazioni locali avevano dovuto adottare drastiche misure d'emergenza, tra cui la chiusura temporanea di asili, scuole, università e mercati locali e il trasporto degli stessi in aree di stoccaggio temporanee.-
Per affrontare tale situazione erano state previste misure alternative, quali la costruzione di nuove strutture per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, nonché la verifica sulla possibilità di utilizzo di quelle già esistenti.-
Uno degli impianti presi in considerazione, in funzione dalla fine degli anni '80, si trovava nell'area di Lo Uttaro, vicino alle abitazioni dei ricorrenti.-
Tuttavia, sebbene già un rapporto del 2001 affermasse che tale area fosse "assolutamente inadatta" per un nuovo impianto, poiché la discarica non rispettava le normative ambientali, nel 2007 le Autorità preposte avevano concesso l'autorizzazione a smaltire rifiuti non pericolosi presso il sito di discarica.
Successivi e multipli, procedimenti giudiziari e amministrativi, tra il 2005 al 2020, avevano stabilito che l'area in questione rappresentasse un rischio per la salute pubblica.-
Addirittura, a causa dell'altissima concentrazione di diverse sostanze tossiche nelle acque sotterranee, era stato vietato, più volte, l'uso delle stesse e la coltivazione nell'area circostante.-
Ad oggi, i lavori per mettere (definitamente) in sicurezza e bonificare l'area interessata non sono stati ancora portati a compimento.-
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LA SENTENZA DELLA CEDU
I ricorrenti – richiamando gli articoli 2 e 8 della Convenzione – adivano la Corte di Giustizia Europea sostenendo che l'inerzia dello Stato che - non intervenendo o, comunque non risolvendo per anni il problema, adottando le misure necessarie per garantire il corretto funzionamento dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e per ridurre al minimo o eliminare gli effetti dell'inquinamento proveniente dalla discarica "Lo Uttaro" - aveva causato gravi danni all'ambiente, mettendo in pericolo la loro vita e la loro salute e quella della popolazione locale in generale.-
In particolare
"sostenevano inoltre che l'accumulo di grandi quantità di rifiuti lungo le strade pubbliche costituiva un'illegittima interferenza con il loro diritto al rispetto della propria casa e della vita privata e familiare. Inoltre, lamentavano che le autorità avevano omesso di informare loro sui rischi che si avrebbero corso nell'area circostante la discarica "Lo Uttaro".-
La Corte Europea per i Diritti dell'Uomo accogliendo il ricorso, tanto aveva enunciato:
- i rimedi messi in atto dallo Stato italiano in relazione alla crisi sono stati inefficaci, perché non adeguati e idonei a rimuovere i rifiuti dalle strade pubbliche, né a bonificare le discariche, né a salvaguardare la salute e la privacy dei residenti;
- è stata dimostrata l'esistenza di un nesso causale tra l'esposizione alla crisi dei rifiuti e l'aumento del rischio tumorale o di malformazioni congenite, nonchè di una maggiore mortalità in Campania[2];
- questa situazione aveva reso i residenti più vulnerabili a varie malattie, influenzando negativamente la loro vita privata;
- le Autorità italiano erano venute meno all'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a garantire l'effettiva tutela del diritto dei ricorrenti al rispetto del loro domicilio e della loro vita privata.-
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IL PRECEDENTE
Si registra un precedente: Cedu Sez. II, Sentenza, 10/01/2012, Di Sarno c. Italia: "L'incapacità protratta delle autorità italiane ad assicurare un corretto funzionamento del servizio di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti ha danneggiato quanti abitavano e lavoravano in un comune della regione Campania in cui i rifiuti erano abbandonati per le strade, ledendo il diritto al rispetto della loro vita privata e del loro domicilio, in violazione dell'art. 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sotto il suo profilo materiale.".-
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CONCLUSIONI
Davvero interessanti alcuni principi richiamati nella pronuncia in commento:
- Soprattutto nel contesto delle attività pericolose o insalubri, gli Stati hanno l'obbligo di adottare misure concrete per garantire l'effettiva protezione dei cittadini la cui vita potrebbe essere messa in pericolo dai rischi inerenti;
- L'importanza rivestita dal diritto di accesso alle informazioni ambientali – garantito ad esempio dalla Convenzione di Aarhus, che l'Italia ha ratificato - di ogni singolo cittadino, che possano consentirgli di valutare i rischi ai quali è esposto nel contesto di attività pericolose/insalubri;
- anche se non si può affermare, a causa della mancanza di prove mediche, che l'inquinamento derivante dalla crisi della gestione dei rifiuti abbia necessariamente causato danni alla salute dei ricorrenti, è possibile stabilire, tenendo conto dei rapporti ufficiali e le prove disponibili, che, vivere in una zona caratterizzata da un'ampia esposizione a rifiuti in violazione delle norme di sicurezza applicabili, rendeva i ricorrenti più vulnerabili a varie malattie;
- un grave inquinamento ambientale può incidere sul benessere degli individui in modo tale da condizionare negativamente la loro vita privata, anche senza rischio concreto per la loro salute . –
La condanna dell'Italia – l'ennesima in tema ambientale - giunge proprio due giorni dopo che il Comune di Caserta ha ottenuto un finanziamento di 6,5 milioni di euro proprio per la messa in sicurezza permanente della discarica "Ecologica Meridionale", in località Lo Uttaro.-
La sentenza in commento costituisce – in attesa di conoscere l'esito del giudizio della causa Agostinho Duarte e altri vs. Portogallo[3] – un passo in avanti verso il riconoscimento definitivo del "diritto a vivere in un ambiente sano".-
NOTE
[1] Si ringrazia l'Avv. Paola Brambilla per aver messo a disposizione sia la sentenza, che la traduzione della stessa.-
[2] Il Governo italiano aveva chiesto all'Organizzazione Mondiale della Sanità di condurre uno studio sull'impatto sanitario del ciclo dei rifiuti nelle province di Napoli e Caserta. I risultati della prima fase dello studio (Studio pilota), condotto in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente (di seguito "ARPAC") e l'Agenzia della Regione Campania Osservatorio Epidemiologico Regionale (OER), pubblicati tra il 2005 ed il 2007, avevano rivelato che il rischio di mortalità associato ai tumori dello stomaco, del fegato, del rene, della trachea, dei bronchi e dei polmoni, della pleura e della vescica, nonché il rischio di malformazioni congenite del sistema cardiovascolare, dell'apparato urogenitale e degli arti, risultava più elevato nell'area compresa tra le province di Napoli e Caserta rispetto al resto della Campania. Quest'area conteneva la maggior parte dei siti di smaltimento dei rifiuti, ma anche molti altri fattori di stress ambientale, come l'agricoltura intensiva, le attività industriali diffuse e un'altissima densità di popolazione. Nel 2007 sono stati pubblicati sul sito del Dipartimento della Protezione Civile i risultati della seconda fase dello studio (Correlazione tra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazioni congenite) dal quale risultava che l'area con la più alta mortalità per cancro e malformazioni era quella più colpita dallo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e dalla combustione incontrollata di rifiuti solidi urbani.-
[3] Sei giovani portoghesi - tra cui Agostinho Duarte, il piu' giovane fra di loro, da cui prende il nome il giudizio - hanno intentato la causa nel 2017, dopo i devastanti incendi di Pedrógão Grande e Mação – una zona a circa due ore di macchina a nord est di Lisbona – che causarono enormi danni e decine di morti. Con il sostegno del Global Action Legal Network (GLAN), un'associazione senza scopo di lucro che ha fornito sostegno legale fin dall'inizio del processo, hanno portato il caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a Strasburgo, davanti a una giuria che analizzerà l'accusa mossa a 32 Stati di non fare abbastanza in termini di azione per il clima.-
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