ILLEGITTIMO COMBATTERE IL RANDAGISMO VIETANDO DI DARE DA MANGIARE AGLI ANIMALI. TAR CATANIA N. 3844/2024
A CURA DELL'AVV.LAURA BUZZERIO
TAGS: RANDAGISMO - LEGGE N. 281/1991 - LE ARISTOGATTE ONLUS - TAR CATANIA N. 3844/2024
INDICE
1) INTRODUZIONE;
2) I MOTIVI DI RICORSO;
3) L'ORDINANZA DEL TAR;
4) IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE ASSOCIAZIONI;
5) CONCLUSIONI.-
*****
[1]
INTRODUZIONE
Nel marzo 2021, il Comune di San Pietro Clarenza aveva emanato un'ordinanza (n. 9/2021) che disponeva "il divieto a chiunque di somministrare qualunque tipo di alimento a uccelli selvatici ed in particolare piccioni (columbia livia domestica), cani e gatti randagi, animali presenti allo stato libero nel territorio comunale…", motivata con presunti rischi per l'igiene pubblica; tale provvedimento era stato contestato dall'Associazione "Le Aristogatte Onlus", impegnata nella protezione degli animali, in quanto in contrasto con leggi nazionali e regionali; tra le principali motivazioni vi era il mancato rispetto della legge quadro n. 281/1991 e della legge regionale della Sicilia n. 15/2000, che promuovono la protezione degli animali d'affezione e il contrasto al randagismo.-
[2]
I MOTIVI DI RICORSO
Tra i principali motivi del ricorso presentato dall'Associazione, rappresentata dall'avvocato Giuseppina Floriana Pisani, si segnala:
- Contrasto con la normativa nazionale e regionale: il divieto di alimentare gli animali randagi è stato ritenuto in conflitto con l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di adottare misure per tutelare e assistere gli animali in stato di bisogno;
- Carenza di motivazione e difetto di istruttoria: il provvedimento non riportava ragioni adeguate per giustificare un divieto così generale, né indicava la sussistenza di emergenze igienico-sanitarie che potessero legittimare una misura straordinaria.
- Mancata consultazione delle associazioni animaliste: il Comune non aveva coinvolto le associazioni attive sul territorio, violando così il principio di partecipazione al procedimento amministrativo;
- Inadeguatezza del provvedimento: la misura, oltre a non risolvere il problema del randagismo, si configurava come una forma di maltrattamento indiretto, privando gli animali di una fonte di sostentamento essenziale.-
[3]
L'ORDINANZA DEL TAR
Il TAR, accogliendo il ricorso, ha ribadito che nessuna norma vieta di alimentare gli animali randagi.- Richiamando precedenti giurisprudenziali consolidati, ha sottolineato che simili provvedimenti non possono essere giustificati in assenza di reali emergenze sanitarie; in particolare:
- La privazione di cibo rappresenta una forma di sofferenza per gli animali, contraria alla legge n. 281/1991 e alle disposizioni regionali;
- Il divieto non era supportato da ragioni di necessità e urgenza, indispensabili per l'adozione di ordinanze straordinarie, come previsto dall'art. 50 del D.Lgs. n. 267/2000.-
Il TAR ha inoltre evidenziato che una gestione responsabile del randagismo passa attraverso misure come la sterilizzazione e la vaccinazione degli animali, anziché l'adozione di provvedimenti punitivi e inefficaci, in quanto privare gli animali del cibo equivale a trattamenti crudeli che possono indurre gli stessi a comportamenti dannosi, come rovistare nei rifiuti o diventare aggressivi per procurarsi cibo.-
[4]
IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE ASSOCIAZIONI
Le associazioni svolgono un ruolo cruciale nella cura quotidiana degli animali randagi, occupandosi di nutrizione, sterilizzazione, vaccinazione e promozione delle adozioni. Sempre più spesso, queste organizzazioni gestiscono direttamente centri di recupero e collaborano con le autorità sanitarie per il controllo delle popolazioni feline e canine. Il loro contributo operativo è insostituibile, in quanto sono in grado di offrire soluzioni più umane e efficaci rispetto a misure punitive come il divieto di somministrare cibo.-
[5]
CONCLUSIONI
La sentenza rappresenta un importante precedente a tutela degli animali randagi, riaffermando il principio che il benessere animale non può essere sacrificato in nome di generici timori igienico-sanitari, senza adeguata giustificazione e che il randagismo non può essere combattuto privando gli animali di cibo.-
Un altro aspetto importante che emerge è la necessità di un dialogo costante tra amministrazioni comunali e associazioni animaliste. La partecipazione delle organizzazioni di protezione animale alla progettazione delle politiche pubbliche e al processo decisionale è fondamentale per promuovere interventi mirati e sostenibili nel lungo periodo. In questo senso, la mancata consultazione delle associazioni, nel caso in esame, rappresenta una lacuna che dovrebbe essere colmata in futuro, garantendo una maggiore inclusività nel processo amministrativo.-