IL TRIBUNALE DI TRANI (ORDINANZA DEL 3/7/2022) CHIARISCE IL RUOLO DI GOOGLE NELLA GESTIONE DELLE C.D. “SCHEDE LOCALI”.
A cura dell'Avv. MicheleAlfredo Chiariello
Tags: GOOGLE - SCHEDE LOCALI - CACHING PROVIDER - HOSTING
INDICE
1) IL FATTO;
2) ALCUNE PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE;
3)LA DECISIONE IN COMMENTO;
4)CONCLUSIONI.-
[1]
IL FATTO.-
Un soggetto, titolare di un'attività di commercio al dettaglio di strumenti musicali, deducendo che sulla pagina Google, contenente informazioni generali relative alla propria attività commerciale, erano presenti 32 recensioni, di cui alcune di natura diffamatoria e con finalità denigratoria, non corrispondenti a verità, ed eccedenti i limiti della continenza espressiva e, quindi, gravemente lesive dell'immagine commerciale dell'impresa, nonché che, a causa di dette recensioni aveva subito una consistente contrazione del proprio volume di affari, con conseguente diminuzione del fatturato e riduzione delle richieste di acquisto di prodotti, ritendendo sussistente una responsabilità del provider per aver omesso di verificare la liceità del contenuto delle recensioni e per non averle tempestivamente rimosse a seguito della richiesta di cancellazione avanzata, citava in giudizio "Google Ireland Limited", avanti il Tribunale di Trani, competente per territorio.-
In particolare, il ricorrente chiedeva la cancellazione della pagina Google relativa alla propria attività commerciale e la "eliminazione" della stessa pagina dagli altri motori di ricerca online o la rimozione di tutte le recensioni negative, con esplicita riserva di richiedere in separata sede giudiziale il risarcimento dei danni subiti.-
[2]
ALCUNE PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE.-
Prima di procedere oltre, appare necessario procedere con alcune precisazioni terminologiche, seppure sintetiche, sul tema trattato.-
Con l'espressione "Internet Service Provider" si indicano le aziende che operano nella fornendo servizi internet, abilitandoci all'accesso alla rete.-
Con l'espressione "Caching Provider", a norma dell'art. 15 del d.lgs n.70/2003, si identifica l'attività che consiste nel "trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio mediante la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta": tipico esempio è il motore di ricerca google; a questo proposito si precisa che il medesimo articolo non prevede alcun obbligo di né controllo preventivo nè di rimozione successiva, salvo particolari condizioni.-
Con l'espressione "Hosting Provider", a norma dell'art. 16 del d.gls n.70/2003 ,si indica un fornitore di servizi che consente di inserire contenuti di varia tipologia presso i propri server, che possono essere così accessibili dalla rete internet ai suoi utenti; tipico esempio è youtube.-
A loro volta gli "Hosting Provider" si dividono in attivi e passivi: l'hosting provider passivo svolge un ruolo meramente tecnico, automatico e passivo, non essendo a conoscenza né controllando le informazioni trasmesse o memorizzate, mentre l'hosting provider attivo[1], invece, svolge una "condotta di azione", caratterizzata da "indici di interferenza" quali "attività di filtro, selezione, indicizzazione, organizzazione, catalogazione, aggregazione, valutazione, uso, modifica, estrazione o promozione dei contenuti" che delineano, dunque, una figura che opera mediante una gestione imprenditoriale del servizio, che può comportare anche "una tecnica di valutazione comportamentale degli utenti per aumentare la fidelizzazione".-
In maniera molto sintetica, mentre l'host attivo è responsabile per i contenuti, al pari del soggetto che ha provveduto al loro caricamento, l'host passivo è chiamato a doversi difendere solamente se era al corrente[2] del carattere illecito dei contenuti, oppure se, pur richiesto di rimuoverli, non lo ha fatto. Esempio classico è il gestore di un blog o di un gruppo di discussione sui social.-
In altre parole, l'aver preso contezza delle segnalazioni provenienti dai titolari dei diritti lesi, fa decadere l'utilità della verifica intorno alla natura del provider che, sia esso passivo o attivo, avrà comunque l'obbligo della immediata rimozione.-
La scheda Google My Business è uno strumento gratuito messo a disposizione da Google per tutti coloro che hanno un'attività di qualunque genere: dai ristoratori agli avvocati, passando per ogni altra professione o mestiere; si tratta di pagine gestite (il piu' delle volte) direttamente dal titolare dell'attività e, per questo, verificate.-
Le schede Locali automatiche, sono schede generate automaticamente da Google, il quale recupera informazioni dal web; si tratta di schede visibili tra i risultati di ricerca, che mostrano delle informazioni aziendali non verificate.-
[3]
LA DECISIONE IN COMMENTO.-
Come detto, il ricorrente richiedeva, con un provvedimento d'urgenza:
- la rimozione dell'intera scheda locale;
- la rimozione delle recensioni negative.-
Per il Tribunale di Trani[3], nella persona della Dottoressa Sandra Moselli:
- "l'attività svolta dal provider relativamente alla formazione delle schede di presentazione dell'attività professionale o commerciale che vengono pubblicate on line tramite il motore di ricerca Google deve essere qualificata quale "caching provider";
- mentre le recensioni contenute nella scheda di presentazione redatte dagli utenti pongono Google nella posizione di "hosting provider".-
(A)
SULLE SCHEDE LOCALI.-
Per il Tribunale di Trani, si tratta di dati recuperati in via automatica da siti terzi oppure inseriti dallo stesso titolare dell'attività commerciale, per la cui raccolta Google opera come caching provider e non si ravvisa alcuna responsabilità nella raccolta di tali informazioni, che anzi rendono l'impresa più agilmente reperibile e conoscibile.-
Nessuna rilevanza ha la circostanza che il titolare non avesse autorizzato Google a fornire detto servizio, trattandosi di raccolta di dati già immessi nel web dallo stesso titolare o da terzi, la cui diffusione risponde ad un interesse prevalente di informazione della clientela.-
Tali dati, neutri, reperibili da chiunque, sono assimilabili da una estrinsecazione della libertà di espressione e di informazione; pertanto, la compressione del servizio può giustificarsi solo quando tali dati abbiano natura illecita, e dunque idonea a recare un pregiudizio a diritti inviolabili del soggetto a cui si riferiscono.-
Tali aspetti non sono ravvisabili nel caso in esame.-
(B)
SULLE RECENSIONI NEGATIVE.-
Le recensioni costituiscono legittima espressione di un diritto di critica rivolto ad un'attività commerciale che, aprendosi al mercato, accetta implicitamente il rischio che la clientela non sia soddisfatta dei servizi e che su di essa esprima, quindi, giudizi poco lusinghieri.-
Il diritto di critica è tutelato purchè rispetti il canone
- della verità del fatto;
- della continenza espressiva.-
In ragione di tali considerazioni, Il Tribunale di Trani ha ritenuto che, nel caso di specie, le recensioni fossero riconducibili nell'ambito di una legittima critica all'operato commerciale, in quanto si limitano a riportare esperienze negative, senza trasmodare in offese personali all'individuo o all'immagine dell'impresa.-
Di conseguenza, il Tribunale di Trani respingeva la domanda cautelare.-
(4)
CONCLUSIONI.-
La decisione in commento è fondata sui seguenti principi:
- nell'attività di formazione delle schede locali (odi presentazione) Google deve essere qualificata quale "caching provider";
- le recensioni contenute in dette schede, pongono, viceversa, Google nella posizione di "hosting provider";
- con riguardo alla formazione delle schede locali, nessuna rilevanza puo' essere attribuita alla mancata autorizzazione dei relativi dati, considerati neutri e, il piu' delle volte, pubblicati on line dagli stessi interessati;
- di conseguenza, su Google non ricade l'obbligo di verifica preventiva dei contenuti;
le recensioni, seppure negative, se rispettose dei requisiti di verità (naturalmente piu' affievolito, rispetto al diritto di cronaca) e quello di continenza linguistica, rientrano nel legittimo diritto di critica e sono censurabili solo se costituenti reato.-
NOTE
[1] Ad esempio, Amazon, secondo quanto ritenuto dal Tribunale di Milano Sezione specializzata in materia di impresa, che in data 19 ottobre 2020, sia perché vende direttamente alcuni beni, sia perché svolge una attività di controllo sui beni venduti da terzi, gestendo la procedura dall'acquisto alla spedizione del bene.-
[2] È importante sottolineare che, a detta della Suprema corte, la conoscenza effettiva può derivare da qualsiasi tipo di comunicazione, non già esclusivamente da una lettera di diffida in senso tecnico.-
[3] Che aderisce ad un orientamento consolidato (ex plurimis Tribunale di Roma, 21 settembre 2020, Tribunale di Torino, 21 aprile 2021; Tribunale di Velletri, 1 marzo 2021; Tribunale di Bologna, 28 gennaio 2021; Tribunale di Milano, 12 novembre 2020; Tribunale di Roma,26 marzo 2019; Tribunale di Roma, 1 febbraio 2019, Tribunale di Milano,2 maggio 2019; Tribunale di Roma, 5 dicembre 2018)
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