FUMO PASSIVO E OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO. CASS N. 21714/2024

07.10.2024
disclaimer: l'immagine è puramente illustrativa
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A CURA DELL'AVV. MICHELEALFREDO CHIARIELLO

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INDICE

1) INTRODUZIONE

2) IL FATTO;

3) GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO;

4) L'ONERE DELLA PROVA;

5) LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE;

6) PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI;

7) CONCLUSIONI.-

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INTRODUZIONE

La sentenza della Corte di Cassazione n. 21714 del 2024 ha affrontato un tema di grande rilevanza nel campo della sicurezza sul lavoro, in particolare il rischio legato al fumo passivo.-

Tale pronuncia conferma e chiarisce alcune questioni fondamentali riguardanti la responsabilità del datore nel prevenire l'esposizione dei dipendenti al fumo passivo negli ambienti di lavoro.-

Di seguito verranno analizzati i fatti del caso, gli obblighi del datore di lavoro, l'onere della prova e i precedenti giurisprudenziali rilevanti.

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IL FATTO

Il caso trattato nella sentenza n. 21714/2024 riguardava un lavoratore che aveva citato il proprio datore di lavoro in giudizio sostenendo di essere stato esposto per anni al fumo passivo all'interno degli ambienti aziendali. Tale esposizione, secondo il lavoratore, aveva contribuito all'insorgere di gravi problemi di salute, tra cui una patologia polmonare. In particolare, il lavoratore lamentava che il datore di lavoro non avesse adottato misure adeguate per prevenire o limitare la presenza di fumo negli spazi comuni, violando così gli obblighi di sicurezza previsti dalla legge.-

Il lavoratore aveva ottenuto una sentenza favorevole in primo grado, con la condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni, tuttavia, la sentenza era stata successivamente impugnata, portando infine la questione all'attenzione della Corte di Cassazione.-

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GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

La sentenza ha ribadito alcuni principi cardine relativi agli obblighi del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In primo luogo, il datore di lavoro è tenuto, in base all'art. 2087 del Codice Civile, a predisporre tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e morale dei propri dipendenti. Questo dovere implica non solo la messa in sicurezza degli ambienti di lavoro, ma anche la prevenzione dei rischi connessi a fattori ambientali, come il fumo passivo.-

In questo contesto, la sentenza sottolinea che il fumo passivo è riconosciuto come un agente nocivo per la salute, e pertanto rientra nell'ambito di applicazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Il datore di lavoro ha quindi l'obbligo di adottare misure concrete per evitare che i lavoratori siano esposti a tali rischi, come la separazione degli spazi per fumatori e non fumatori, l'installazione di sistemi di ventilazione adeguati e, ancora prima, il divieto totale di fumo negli ambienti di lavoro.-

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L'ONERE DELLA PROVA

Un aspetto cruciale trattato dalla sentenza è l'onere della prova. La Corte ha ribadito che, una volta che il lavoratore abbia dimostrato l'esistenza di un rischio legato all'ambiente di lavoro (come l'esposizione al fumo passivo) e abbia fornito elementi sufficienti a collegare tale esposizione alla patologia insorta, spetta al datore di lavoro provare di aver adottato tutte le misure preventive necessarie e adeguate per proteggere la salute del dipendente.

In altre parole, l'onere della prova si sposta sul datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver rispettato pienamente i propri obblighi di sicurezza e di aver fatto tutto il possibile per evitare l'esposizione al rischio. Qualora non riesca a fornire tale dimostrazione, il datore di lavoro sarà considerato responsabile e tenuto a risarcire i danni subiti dal lavoratore.-

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LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Punto di partenza normativo è l'art 51 della legge n. 3/2023 (emanata a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 399 del 1996), per cui negli ambienti di lavoro è vietato fumare e il datore di lavoro è responsabile del rispetto del divieto (la cui infrazione può essere sanzionata disciplinarmente), finalizzato a garantire la salubrità dei luoghi di lavoro e a proteggere - in via di prevenzione - la salute di tutti i lavoratori dal fumo passivo, il cui carattere potenzialmente dannoso per la salute è scientificamente accertato per tutti.-

Nel caso di specie, risultava pacifico il mancato rispetto del suddetto divieto e non risulta che il datore di lavoro avesse adottato alcun provvedimento al riguardo, a tutela di tutti i dipendenti.-

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PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI

La decisione della Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale già consolidato riguardante la tutela dei lavoratori dai rischi connessi al fumo passivo.-

Ci siamo occupati di un caso simile, commentando la sentenza del Tribunale di Lecce, che aveva accolto la domanda di risarcimento (contro il Ministero della Giustizia, datore di lavoro) promosso dalla vedovadi un Agente della Polizia Penitenziaria, morto giovanissimo per un carcinoma polmonare, contratto nello svolgimento delle mansioni espletate presso strutture carcerarie, ove era consentito (tollerato) fumare, motivo per il quale era stato esposto continuativamente, per oltre venti anni, a massicce quantità di fumo passivo.-

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CONCLUSIONI

La sentenza n. 21714/2024 della Cassazione conferma l'importanza della tutela della salute dei lavoratori in relazione ai rischi derivanti dall'esposizione al fumo passivo. I datori di lavoro devono essere pienamente consapevoli dei loro obblighi e adottare tutte le misure necessarie per prevenire l'esposizione dei dipendenti a questo rischio. La decisione chiarisce ulteriormente l'onere della prova in capo al datore di lavoro e la sua responsabilità in caso di violazione degli obblighi di sicurezza.

Il filone giurisprudenziale in tema di fumo passivo continua a evolversi, ma il principio guida resta lo stesso: la tutela della salute dei lavoratori deve essere garantita in ogni circostanza, e il datore di lavoro non può esimersi dall'adottare tutte le misure preventive necessarie per salvaguardare l'integrità fisica dei propri dipendenti.-

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