DIFFAMAZIONE IN CHAT ESCLUSA L’AGGRAVANTE DELLA PUBBLICITA’. CASS 37618/2023
A CURA DELL'AVV. LAURA BUZZERIO
TAGS: CHAT - DIFFAMAZIONE AGGRAVATA - NON SUSSISTE - CASS 37618 /2023 -
INDICE
1 ) LA QUESTIONE;
2 ) CONCLUSIONI.-
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LA QUESTIONE
Una condotta diffamatoria in una chat comporta l'applicazione dell'aggravante, prevista dal terzo comma dell'art. 595 cp, della pubblicità?
La Cassazione, recentemente, ha escluso tale ipotesi, perché una chat è "per le sue caratteristiche ontologiche, uno strumento di comunicazione di certo agevolante, ma al contempo ristretto, nel senso che il messaggio (di testo o immagine che sia) raggiunge esclusivamente i soggetti iscritti (e reciprocamente accettatisi) alla medesima chat".-
Ne consegue che ad essere rilevante, non è il numero di iscritti alla chat (nel caso in esame davvero poco significativo) quanto la conformazione tecnica del mezzo, tesa a realizzare uno scambio di comunicazioni che resta - in tutta evidenza - riservato.
La diffusione del messaggio a più soggetti - gli iscritti alla chat - avviene, in altre parole, in un contesto informatico che se da un lato consente la rapida divulgazione del testo dall'altro non determina la perdita di una essenziale connotazione di riservatezza della comunicazione, destinata ad un numero identificato e previamente accettato.-
Non rileva, infine, che il messaggio possa essere inoltrato ad altri, posto che simile azione sarebbe opera del destinatario e non del mittente (e peraltro nel caso in esame tale ipotesi non si è verificata).-
Viceversa – ricorda sempre la Cassazione - la pubblicazione di post lesivi sulla piattaforma social Facebook integra l'aggravante del mezzo di pubblicità.-
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CONCUSIONI
Così motivando, la Suprema Corte ha annullato la condanna di un luogotenente dei carabinieri accusato di aver inviato messaggi offensivi ad alcuni militari su un gruppo WhatsApp.-
Questi, sinteticamente, i punti cardine della decisione:
- la platea virtuale di una chat (nel caso di specie 7) garantirebbe la presenza numerica prevista dalla normativa per una ipotesi di diffamazione;
- tuttavia, la chat, per le sue caratteristiche, non ha l'effetto di una cassa di risonanza per le offese che, di fatto, restano (a meno che non siano divulgate dagli iscritti, ma sarebbero quest'ultimi, poi responsabili) limitate alla potenziale conoscibilità dei partecipanti;
- viceversa, una offesa a mezzo social, proprio per l'attitudine diffusiva dello strumento utilizzato, configura, inequivocabilmente, una ipotesi aggravata (dalla pubblicità) del reato di diffamazione.-
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